La pecora Brogna del Veneto
Dalla quasi estinzione al ripopolamento dei pascoli. A Cheese la scoperta delle squisite carni grazie alla tenacia dello chef Giovanni Caltagirone ai 13 Comuni di Velo Veronese
di Maria Luisa Basile
25 Giugno 2021

La pecora Brogna del Veneto Presidio Slowfood, dalla quasi estinzione al ripopolamento dei pascoli. A Cheese abbiamo scoperto le sue squisite carni e la tenacia dello chef Giovanni Caltagirone ai 13 Comuni di Velo Veronese |
Testi e Fotografie Maria Luisa Basile |
Se i genitori dello chef Giovanni Caltagirone non avessero deciso di trasferirsi in Veneto dove lui è nato, non solo io non avrei assaggiato i suoi piatti a base di pecora Brogna, ma non avrei forse mai conosciuto questo animale, tradizionalmente più apprezzato per lana e fino a poco tempo fa a rischio di estinzione. Ma partiamo dal particolare paesaggio montano dove la pecora bruca le adorate erbe spontanee (in inverno integrate con foraggi essiccati provenienti dai prati locali), in un ambiente in parte protetto dal Parco Regionale dei Monti Lessini in Veneto, dai 1000 ai 1800 metri di altitudine. Uno scenario composto da piccoli centri abitati, boschi e pendii erbosi destinati al pascolo talmente ben conservato da valergli l’ingresso nel Registro dei paesaggi rurali storici italiani, un catalogo nel quale trovano posto solo paesaggi rurali tradizionali o di interesse storico, dove siano state preservate pratiche e conoscenze tradizionali; paesaggi e valori nei quali gli abitanti si identificano e contraddistinti quindi da un legame storico con la produzione agricola di qualità. Grazie ai suoi pascoli, la pecora Brogna ha dunque svolto un ruolo importante nella salvaguardia dell’ambiente naturale; facendo da argine all’avanzare del bosco e degli arbusti spinosi e mantenendo la pulizia dei ripidi pascoli. |
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La pecora Brogna è l’unica razza autoctona della montagna veronese sopravvissuta all’estinzione, minacciata dal più proficuo allevamento bovino, salvata dagli sforzi di un piccolo gruppo di pastori. Anche se per le genti della Lessinia la pastorizia è sempre stata un’attività fondamentale, l’interesse per la pecora era rivolto prevalentemente alla pregiata lana e ben poco alla carne “ il cui gusto è più difficile e non a tutti piace” spiega lo chef Giovanni Caltagirone durante un laboratorio di Cheese dedicato. Quanto il gusto si sia evoluto nei tanti anni del suo lavoro nel ristorante “13 Comuni” di Velo Veronese è rivelato dal fatto che mentre inizialmente la moglie in sala faticava a indurre all’assaggio i piatti a base di pecora, oggi i clienti vanno appositamente per quelli. Tradizionalmente allevata per la lana, non esisteva alcuna tradizione gastronomica legata alle sue carni e lo chef il ricettario se lo è creato da solo negli anni, facendo prove nel tempo libero, applicando tecniche solitamente usate per le carni bovine e arrivando a perfezionare un proprio stile. Uno stile fatto innanzitutto di conoscenza diretta di quanto cucinato, grazie alla scelta di impiegare solo carne locale e alla conoscenza dei pastori, verso i quali instaura un rapporto di responsabilità che carica di energia e profonda vitalità il prodotto. Rapporto con allevatori e agricoltori che nel tempo è cresciuto sempre più, in un circolo virtuoso che vede crescere il numero di produttori (l’allevamento non supera comunque i tremila capi e la pecora Brogna è presidio Slow food), aumentando le conoscenze e il reciproco scambio. |
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Con applicazione e creatività Giovanni Caltagirone dà valore a ogni parte anatomica dell’animale, senza scartare nulla, educando i gourmet ad apprezzare non solo i tagli più richiesti e sensibilizzandoli sulla lotta allo spreco. Ne sono begli esempi gli antipasti a base di pecora e agnello di pecora Brogna cucinati da Caltagirone a Cheese, mostrando un perfetto equilibrio fra delicatezza e sapidità che sfida il palato quanto a riconoscibilità della provenienza ovina delle carni. È morbida e saporosa insieme la tartare di agnello di pecora Brogna servita sulla focaccia con un condimento che nel guizzante e fresco profumo erbe si lega a doppio filo al territorio di provenienza della carne ed è veramente mirabile il prosciutto cotto di agnello di pecora Brogna leggermente affumicato che Caltagirone prepara da sé e serve a fette sottili accostate come un bocciolo di rosa a cavolo cappuccio biologico della Lessina fermentato, una ricotta acida di pecora Brogna favolosa e una mostarda di antiche varietà di frutta: pomo Decio (melo autoctono profumatissimo il cui nome deriva da D’Ezio, un generale dell’Antica Roma che combatté contro Attila) e pera Trentosso (tipica della Valpolicella e conosciuta già in epoca romana; dalla polpa durissima, era tradizionalmente conservata nelle cantine e gustata cruda in insalata con la polenta e soprattutto cotta nel camino sotto le braci la sera nelle famiglie contadine). |
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Vengono abbinati vini dello stesso territorio di provenienza dei piatti, innanzitutto un Soave Superiore dell’azienda a conduzione familiare Vigna della Corte 2018, da uve Garganega in purezza da vendemmia tardiva, coltivate a 350 metri di altitudine in terreno con substrato di origine vulcanica. Di colore giallo paglierino carico e sfumature oro, al palato rivela buona struttura e note di frutta tropicale. |
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Nei tortelli ripieni protagonista è l’Agnello d’Alpago, una razza allevata allo stato brado nella conca fra Cortina d’Ampezzo e Venezia, a pochi chilometri da Belluno, alimentata con foraggio di prato (o semibrado con l’integrazione di fieno prodotto localmente e sfarinati di cereali). La carne dell’Agnello d’Alpago è molto tenera e si sfoglia in bocca, con impressioni gustative orientate alle erbe aromatiche e giammai al selvatico e il Presidio e il marchio “Agnello d’Alpago”, garantiscono attraverso etichetta e disciplinare la tracciabilità e il benessere degli animali, consentendo l’uso dell’ovile solo a condizione di garantirne una crescita sana. I tortelli vengono cucinati impiegando carne da animali di 8-10 mesi e sono mantecati con burro di malga e lavanda. Aromi ripresi, seppure prevaricandoli con la sua corposità, dal vino rosso accostato, il Valpolicella Classico Superiore Ripasso 2019 dell’azienda artigianale La cengia. Da vitigni autoctoni a bacca rossa Corvina, Rondinella e altre uve consentite dal disciplinare, gli acini passati sulle vinacce dell’Amarone per la fermentazione e la maturazione in botti di rovere per un anno, gli conquistano complessità e profondità, con ampie note tipiche di frutti di bosco, balsamiche e speziate. |